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Autotrapianto monobulbare: un’arma in più contro la calvizie.

La calvizie continua ad avanzare e unitamente a questa si accrescono l’imbarazzo e la sensazione spiacevole di non poter più esibire una bella e robusta capigliatura. Il fenomeno colpisce molti uomini, anche in giovane età, e una non trascurabile percentuale di donne. Come comportarsi allora? Oggi la medicina e la chirurgia propongono diverse soluzioni terapeutiche per un veloce rinfoltimento del cuoio capelluto. Il progredire e il raffinarsi delle tecniche ha reso la chirurgia estetica possibile anche in casi di calvizie importante, ritenuti in un passato recente intrattabili. Tecniche quali l’autotrapianto monobulbare e lo scalp reduction consentono ora ottimi risultati, ancor più se in combinazione tra loro, con una ridistribuzione dei capelli omogenea e dall’aspetto naturale.

Ogni capello segue un fisiologico processo di ricambio andando dalla nascita alla crescita, per poi invecchiare e terminare la sua vita cadendo. Può accadere però, che la naturale caduta dei capelli non venga compensata da una nuova ricrescita in quanto i bulbi piliferi hanno cessato la loro, instancabile talvolta, attività riproduttiva: in questi casi parleremo di alopecia. La calvizie di tipo androgenetico, sicuramente la più comune delle forme, colpisce in modo prevalente gli uomini, data l’eziologia, cioè la causa, soprattutto ormonale del disturbo (la produzione di androgeni è infatti uno tra i principali fattori predisponenti) ma è in costante aumento anche il numero di donne che si rivolgono allo specialista per problemi di diradamento diffuso. Le cause sono molteplici: oltre all’assetto genetico ed immunologico giocano un ruolo determinante lo stress, le condizioni ambientali, le malattie infettive, la somministrazione di alcuni farmaci e le radioterapie, i disturbi del metabolismo.

La calvizie di tipo maschile è un processo che si sviluppa in modo graduale, seguendo dei passaggi ben determinati e uguali per tutti, e può essere classificata secondo la nota "Scala di Hamilton", che suddivide il fenomeno in sette stadi. Inizialmente la recessione della capigliatura interessa generalmente la regione fronto-temporale: non è il caso, in questa situazione, di parlare di vera e propria calvizie, ma di una linea frontale dei capelli più alta. La situazione non desta ancora allarmismi ma è questione solitamente di pochi anni per veder colpita anche la cosiddetta zona del vertice fino ad arrivare, e questo è il caso dell’ultimo stadio, ad una striscia di capelli posizionata a ferro di cavallo sulla parte postero-inferiore della testa.

Il numero di individui colpiti dal disturbo e i risvolti psicologici legati al problema hanno dato forte impulso alla ricerca medico-chirurgica; ne sono dimostrazione la maggior considerazione ed il perfezionamento delle tecniche di rinfoltimento del cuoio capelluto. Con il passare degli anni le soluzioni terapeutiche chirurgiche della calvizie si sono evolute notevolmente, mettendo a disposizione dei propri pazienti metodiche sempre più efficaci e mini-invasive. Si è passati, così, dalle semplici protesi all’impianto di capelli ottenuti artificialmente, dalla rotazione dei lembi all’autotrapianto ad isole. Le soluzioni fino a ieri disponibili presentavano però numerosi limiti sia dal punto di vista dei risultati che del disagio post-operatorio. Oggi la terapia medico-chirurgica si è perfezionata in modo così efficace che la ridistribuzione della capigliatura avviene in tempi rapidi e con risultati più che validi. Gli interventi di rinfoltimento del cuoio capelluto vengono realizzati in anestesia locale, unitamente ad una leggera sedazione, in regime di day hospital, in modo tale da ridurre il disagio del paziente e permettergli di ritornare a casa poche ore dopo l’operazione. Particolare attenzione viene posta al risultato estetico: la linea dei capelli viene ricostruita perfettamente e gli stessi cresceranno con una inclinazione in perfetta armonia con la zona interessata. Il traguardo raggiunto è veramente entusiasmante: niente più caratteristico "effetto capelli di bambola" speso conseguenza dell’autotrapianto tradizionale di più bulbi piliferi contemporaneamente. Trapiantare un singolo bulbo per volta, riducendo l’ampiezza delle incisioni e garantendo una perfetta ridistribuzione della chioma: questi gli obiettivi primari e quanto si propone con successo la tecnica di autotrapianto monobulbare, una soluzione terapeutica che si rivela ottimale soprattutto in combinazione con la tecnica chirurgica di scalp reduction. L’autotrapianto monobulbare viene consigliato soprattutto a tutti quei pazienti che presentano una calvizie non particolarmente avanzata ed estesa. I migliori risultati si hanno su soggetti con un’età compresa tra i 20 ed i 45 anni, periodo in cui l’organismo è ancora in piena salute e le cellule rispondono ottimamente al processo di cicatrizzazione e attecchimento dei bulbi trapiantati. Nulla comunque esclude dal realizzare risultati validi anche in età più avanzata o in presenza di una calvizie di grado avanzato. In quest’ultimo caso, per ridurre al minimo l’area ormai priva di capelli da rinfoltire, si rivela più vantaggiosa la tecnica combinata con lo scalp reduction. L’autotrapianto monobulbare è una tecnica accessibile alla maggior parte degli individui, pur presentando delle minime controindicazioni: l’intervento non è indicato nei soggetti che soffrono di gravi allergie o malattie dermatologiche del cuoio capelluto, per coloro che non sopportano l’anestesia o presentano esiti cicatriziali (in seguito ad una ferita, un’ustione od un intervento) che impediscono il trapianto chirurgico.
La situazione che deve destare più preoccupazione è legata ad un diradamento del cuoio capelluto graduale. Una perdita di capelli massiva e repentina, può suscitare ansie ma è un evento molto comune e frequentemente reversibile: non deve essere confuso con un inizio di calvizie di tipo maschile. La calvizie androgenetica vera e propria avviene invece in maniera più insidiosa, avanzando lentamente. La quantità di capelli persi o rimasti non è però l’unica caratteristica verso cui porre le nostre attenzioni, in quanto bisogna tener conto anche della loro qualità. Capelli privi di lucentezza, fragili, secchi e di diametro sempre più piccolo sono la testimonianza di un diradamento o di un’alopecia in arrivo. Sarà bene ricorrere in tempi brevi allo specialista alle prime manifestazioni di questi sintomi, in quanto è vero che è non possibile evitare il sopraggiungere della calvizie di tipo maschile ma è altrettanto vero che si può tentare di sconfiggerla in anticipo, affidandosi con fiducia alle nuove tecniche oggi a disposizione.
Il problema , oggi, è anche femminile. La calvizie di tipo maschile, al limite del paradosso, colpisce sempre più anche le donne di ogni età. Secondo recenti statistiche apparse nella letteratura scientifica internazionale, circa il 30% della popolazione femminile al di sotto dei cinquant’anni sembrerebbe interessata dal disturbo. L’alopecia androgenetica non segue nelle donne lo stesso schema maschile e solo in rari casi raggiunge gli stadi più avanzati. Solitamente la prima parte ad essere interessata è quella centrale del vertice con ulteriori diradamenti diffusi. Le tecniche medico-chirurgiche adottate in questi casi ricalcano le stesse procedure utilizzate nel maschio ma molto spesso è sufficiente una singola seduta chirurgica (nel maschio almeno due) per restituire alla capigliatura il suo aspetto naturale.
La tecnica Chirurgica
L’area donatrice è in genere la nuca, dalla quale viene asportata una piccola striscia di cuoio capelluto contenente i bulbi geneticamente attivi. A questo punto lo specialista dovrà passare a quella che forse è la parte più delicata dell’intervento: il sezionamento dei singoli bulbi prelevati, una manovra che richiede la massima precisione per il buon successo dell’autotrapianto. Selezionati i singoli bulbi, questi vengono trapiantati con una micropinza in una minuscola fessura creata da un piccolo bisturi. Tale apertura è così ridotta che l’innesto può avvenire perfettamente lungo l’attaccatura dei capelli e seguire la naturale inclinazione della specifica zona. I "nuovi" capelli inizieranno a crescere dopo un mese e mezzo in maniera omogenea e con la stessa direzione, tanto da non rivelare all’occhio alcuna traccia del trapianto. Se la tecnica è stata eseguita bene la ricrescita interesserà almeno il 90% dei bulbi trapiantati, un numero apprezzabile se si tiene conto che in una singola seduta possono essere innestati anche un migliaio di elementi.

 

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